

“Nella profonda tristezza il mondo appare grigio nel grigio. Indifferente e sconsolante. Nel passato emergono molte colpe, il presente è carico di disgrazie, l’avvenire appare terrificante”.
Karl Jaspers
Disturbi dell’umore: quali sono e come riconoscerli?
Se ne parla tanto ma esattamente cosa sono i disturbi dell’umore?
I disturbi dell’umore raggruppano essenzialmente i disturbi depressivi e il disturbo bipolare.
La prima descrizione del concetto di disturbo dell’umore è stata data da Kraepelin, il quale parlava di malattia maniaco-depressiva e la definiva come un quadro caratterizzato da eccitazione o inibizione in tre aree: umore, pensiero e attività.
L’attuale sistema diagnostico, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM), meglio chiarisce cosa sono i disturbi dell’umore. Identifica infatti i cambiamenti dell’umore in chiave depressiva o di attivazione maniacale come la caratteristica fondamentale dei disturbi dell’umore. Sulla base di questo criterio, i disturbi dell’umore possono infatti essere suddivisi in disturbi depressivi e disturbi bipolari.
““Mi sento triste, non vedo più un chiaro futuro, ho meno voglia di fare le cose”
“Nulla mi interessa più come prima”
Tutto questo alla lunga paralizza la persona interferendo totalmente con la sua vita. Non c’è più voglia, desiderio, e piacere.

Quali sono i disturbi dell’umore?
Come già detto i il DSM 5 divide i disturbi dell’umore in disturbi depressivi e disturbi bipolari. A loro volta questi vengono divisi in disturbi specifici dell’umore. Vediamo ora nel dettaglio quali sono i diversi disturbi dell’umore.
Disturbi depressivi
I disturbi depressivi rappresentano nel complesso una tra le prime dieci cause di disabilità permanente, specialmente nei paesi ad alto reddito. Tra i disturbi depressivi abbiamo:
- Disturbo depressivo maggiore
- Disturbo depressivo persistente (distimia)
- Disturbo premestruale disforico
- Disturbo da disregolazione dell’umore dirompente
I sintomi più comuni della depressione sono sentimenti di tristezza persistente e intensa angoscia, accompagnati da sentimenti di disperazione, impotenza e inutilità. La perdita di interesse e piacere nelle attività quotidiane (anedonia) è un sintomo depressivo comune.
Sono spesso segnalate alterazioni del pensiero, della concentrazione e della memoria. Tra i sintomi della depressione abbiamo anche sintomi neurovegetativi, come disturbi del sonno, perdita di appetito e peso e perdita di libido e interesse sessuale.
Ovviamente questi sintomi hanno inevitabili ripercussioni sui comportamenti delle persone depresse. Tipicamente la perdita di interesse porta le persone depresse a disinvestire su hobby, svago fino anche al ruolo lavorativo. Inoltre l’apatia, l’angoscia e i vissuti di inutilità spesso causano il ritiro domiciliare e la riduzione delle relazioni sociali. Ma quindi concretamente cosa fa una persona depressa? Una persona depressa tende a isolarsi, non provare più piacere e mostrare meno interesse. Appare più taciturna, meno incline alla risata, difficilmente vede un futuro prosperoso ma per contro è più incline al pessimismo. Sperimenta spesso vissuti di colpa e di fallimento.
Gli episodi depressivi possono essere singoli o ricorrenti. Nel caso di episodi depressivi maggiori ricorrenti parliamo di depressione maggiore ricorrente. In media, un episodio depressivo maggiore dura da 20 a 30 settimane se non trattato farmacologicamente. In caso di depressione persistente si parla di distimia. La terapia farmacologica ha un impatto sulla durata dell’episodio depressivo considerando che ci si aspetta una risposta farmacologica dai comuni antidepressivi a partire da 3-6 settimane.
I fattori di rischio per la depressione maggiore sono, le esperienze infantili avverse, scarsa rete sociale, assenza di un partner e le recenti esperienze di vita negative. Altri disturbi psichiatrici (es. abuso di sostanze, ansia e disturbi borderline) e condizioni mediche croniche o invalidanti (es. diabete, obesità e malattie cardiovascolari) rappresentano un ulteriore fattore di rischio per la depressione.
Disturbo Bipolare
Secondo il DSM-5, i disturbi bipolari sono malattie mentali caratterizzate da episodi ricorrenti di mania, ipomania e depressione che causano un significativo disagio personale o disfunzioni sociali.
La mania è un periodo caratterizzato da umore elevato o irritabile, maggiore attività e idee grandiose e velleitarie. Altri importanti sintomi di un episodio maniacale sono spesso la riduzione del sonno, logorrea, distraibilità, disinibizione. Questi sintomi durano almeno 1 settimana e si presentano per la maggior parte della giornata, quasi tutti i giorni.
Ma cosa prova una persona bipolare? Le persone che convivono con il disturbo bipolare sperimentano periodi di grande eccitazione, iperattività, delusioni ed euforia (noti come mania) e altri periodi caratterizzati da tristezza, scarsa progettualità, apatia e astenia (noti come depressione). Tipicamente c’è anche un ridotto bisogno di sonno durante le fasi maniacali. Questi sbalzi d’umore possono influenzare il sonno, l’energia, l’attività, il giudizio, il comportamento e la capacità di pensare chiaramente.
Il DSM-5 classifica tre tipologie di disturbo bipolare: tipo I, tipo II e disturbo ciclotimico. Per la diagnosi di disturbo bipolare I, è necessaria e sufficiente la presenza di un singolo episodio maniacale, l’episodio maniacale può poi essere preceduto o seguito da episodi depressivi. Il disturbo bipolare II (BD-II) è caratterizzato dalla presenza di episodi ipomaniacali e depressivi. Infine il disturbo ciclotimico è caratterizzato da periodi ipomaniacali e depressivi che durano solo pochi giorni. Riassumendo i diversi tipi di disturbo bipolare sono:
- Disturbo bipolare di tipo I
- Disturbo bipolare di tipo II
- Disturbo ciclotimico.
A differenza dei disturbi depressivi i maschi hanno tassi di disturbo bipolare più elevati nella vita rispetto alle femmine. L’età media di insorgenza del primo episodio maniacale, ipomaniacale o depressivo è intorno ai 20 anni. Vi è quindi un esordio in tarda adolescenza del disturbo dell’umore.
Tra i fattori di rischio del disturbo bipolare vi sono la presenza di eventi avversi infantili, l’abuso di sostanze durante l’adolescenza e alcune comorbidità mediche (es. ipotiroidismo). Alcune condizioni mediche sono anche più comuni nelle persone bipolari rispetto alla popolazione generale. Ciò include un aumento dei tassi di sindrome metabolica (presente nel 37% delle persone con disturbo bipolare), emicrania (35%), obesità (21%) e diabete di tipo 2 (14%).
Come capire se si ha un disturbo dell’umore?
Per capire se si ha un disturbo dell’umore è necessaria una valutazione clinica della sintomatologia. Per la diagnosi di disturbo dell’umore ci si basa sui criteri diagnostici del DSM 5. Tipicamente durante il colloquio clinico si raccoglie l’anamnesi, si escludono altre potenziali cause e si valutano i sintomi specifici dei disturbi dell’umore. Per capire se si è depressi o se si soffre di disturbo bipolare è quindi necessaria una visita psichiatrica.
Esistono poi dei test per i disturbi dell’umore che permettono un’autovalutazione della sintomatologia. Sebbene non abbiamo finalità diagnostiche questi test per i disturbi dell’umore permettono di valutare la presenza o meno di alcuni sintomi depressivi, permettono di fare un semplice screening e servono per monitorare la sintomatologia nel tempo.

Come si curano i disturbi dell’umore?
La cura dei disturbi dell’umore prevede tipicamente un approccio combinato farmacologico e psicoterapico. Da un punto di vista psicofarmacologico i farmaci per i disturbi dell’umore di dividono essenzialmente in antidepressivi e in stabilizzatori del tono dell’umore.
Secondo le linee guida del National Collaborating Center for Mental Health, gli antidepressivi rappresentano il gold standard nella cura dei disturbi depressivi e la loro efficacia è dovuta alle modulazioni della ricaptazione sinaptica delle monoamine (cioè serotonina e/o noradrenalina).
Per quanto riguarda la cura dei disturbi bipolari individuiamo tre fasi: trattamenti della mania acuta, trattamenti per la depressione acuta e trattamenti di mantenimento per evitare le ricadute. Attualmente, il litio è ritenuto essere il miglior stabilizzante del tono dell’umore. Nella pratica clinica possono essere utilizzati altri stabilizzatori dell’umore, come la carbamazepina e gli antipsicotici di seconda generazione. Il trattamento degli episodi acuti nel contesto del disturbo bipolare è altamente specialistico e si avvale spesso di terapia combinate con stabilizzanti del tono dell’umore, antidepressivi e/o antipsicotici preferibilmente di seconda generazione.
Oltre alla terapia farmacologica, la psicoterapia rappresenta un’altra modalità di trattamento dei disturbi dell’umore. Attualmente, la forma più utilizzata di psicoterapia è la terapia cognitivo-comportamentale, ma altri approcci terapeutici possono essere efficaci, come la terapia di attivazione comportamentale, la terapia psicodinamica, la terapia di problem solving, la terapia interpersonale e la terapia basata sulla consapevolezza.
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